«Qui a Pushkar nessuno mangia carne. Né si vende né si compra, né si cucina, né si mangia».
In India, per motivi religiosi, per usanze e tradizioni, le limitazioni e le proibizioni sono tante. Eppure si trova tutto. A cercarlo si trova il maiale, anche nelle parti del Paese abitate in prevalenza da musulmani. Coloro che stanno in cima al sistema delle caste sono vegetariani, coloro che al contrario stanno più in basso o sono “fuori casta”, mangiano regolarmente di tutto.
Ma esiste un posto, in India, dove sottrarsi alla semplicissima regola della cucina vegetariana, è impossibile.
Accedere a Pushkar: una città incantata
La prima cosa che colpisce di Pushkar, nel cuore del Rajahstan a otto ore di macchina da Delhi, è che all’ingresso della città c’è un vero e proprio check point, con tanto di sbarra. All’ingresso si paga un dazio di cinque rupie (13 centesimi di euro).
Varcando la città ci s’impegna a non portare dentro niente che sia impuro: niente alcool, niente droghe, niente uova e – soprattutto – niente carne. Da questa porta si entra e da questa si esce. Non ci sono scorciatoie, né vie alternative per entrare in una delle città sante dell’induismo.
Pushkar è una città incantata, dalle case coloratissime nel quartiere del mercato, e bianchissime quando affacciano sul lago, il fulcro di tutto. Gli abitanti raccontano che il lago sia nato da una lacrima di Brama, una delle più venerate divinità induiste. E qui sorge l’unico tempio indù al lui dedicato di tutto il mondo. Per gli induisti che venerano Brama, Pushkar è una sorta di Mecca. Un pellegrinaggio che bisogna fare, almeno una volta nella vita.
Ventimila abitanti e mille templi, molti privati. Il più antico ha ottocento anni. A Pushkar regna la pace, e il silenzio. Poche centinaia di metri dopo aver pagato il biglietto per entrare, è necessario lasciare la macchina.
Pushkar in bicicletta
Per il resto, è una città quasi pedonalizzata. Circolano solo gli scooter e le moto, i risciò a pedali e qualche touk touk, gli Ape a tre ruote riadattati per il trasporto delle persone. Il mezzo di locomozione preferito da tutti – abitanti e turisti – è la bicicletta.
A Pushkar si sente il silenzio, e questo regala alla città quel mistero mistico e magico che – ancora oggi – continua ad attrarre gente «in cerca di India» da tutto il mondo. Si presenta come l’India viene rappresentata. Polverosa eppure romantica, con le fogne a cielo aperto e allo stesso tempo delicata e affascinante.
Il nome della città deriva dell’unione delle parole «fiore» (push) e «mano» (kar), è invasa dei contadini dei villaggi circostanti che vengono a vendere le verdure dei loro orti. Frutta e verdure vengono vendute a ogni angolo di strada, esposta direttamente sulla strada sporca e polverosa. Per le strade e nelle vie del mercato, le scritte in ebraico invitano i tantissimi turisti israeliani. Per le strade, tra i negozi e templi, le guest house e gli “yoga center“, a essere maggioranza sono gli animali.
Cammelli, scimmie, macachi, mucche, vitelli, cani, capre, tutti per strada.
I Ghat porta d’accesso al lago di Pushkar
E poi ci sono i Ghat, Le scale che portano al lago, è proibito percorrerle con le scarpe, farlo tra le feci degli animali la si può definire un’impresa. Il lago è luogo di preghiera e di purificazione, territorio di commerci per i falsi braminii quali recitano per te una preghiera in cambio di qualche rupia. Teatri a cielo aperto al tramonto quando le puja, le preghiere e i canti purificanti delle sera, trasformano il lago in uno spettacolo di musica e statue di luce che danzano. E poi luogo di grande raccogliemento all’alba, durante i bagni di purificazione che avvengono a qualunque temperatura, in qualsiasi periodo dell’anno, a dispetto di un inquinamento fortissimo.
Cosa mangiare a Pushkar
E’ pieno d’iscrizioni stampate sui muri ogni pochi metri ricordano che è proibito l’uso di droghe, di alcool e di cibo che non sia rigorosamente vegetariano. Questi comportamenti, a Pushkar, la città santa, la città di Brama, sono un dogma. La carne, a pranzo o a cena, è proibita a Pushkar, da sempre. Nei tanti ristoranti e negli alberghi, è possibile trovare i piatti tradizionali della cucina indiana.
Pakora, il riso con ogni verdura possibile, il pane – naan – con il burro, le patate, o vari tipi di erbe. E poi i piatti cinesi, lo hummus tipico della cucina israeliana, addirittura la pizza. Ma la carne no, mai. Altra curiosità la città si trova a pochissimi chilometri di Ajmer che, neanche a dirlo, è la roccaforte dell’islam indiano.
Né in albergo, né al ristorante, né nelle case private. Pushkar è una città interamente e integralmente vegetariana. La carne è proibita e la proibizione è reale.
Gran parte della vita sociale, soprattutto per gli stranieri, si svolge ai piani più alti. I ristoranti sono quasi tutti all’ultimo piano di un edificio, magari con vista lago, comunque lontano dal controllo sociale delle strade. Si scopre di poter trovare tutto o quasi.
In alcuni ti offrono la birra, in altri c’è il vino. Nei luoghi di ritrovo giovanili, è il cameriere stesso a proporre hashish da fumare. Si beve, si fuma droga. La carne da mangiare, di qualunque animale, resta invece il tabù. «Quella roba, qui, non la troverai mai», ti dice il cameriere.
fonte: corriere della sera