Oggigiorno è ormai evidente quanto la cementificazione sempre più soffocante dei centri urbani, non lasci più spazi nemmeno a quelle “oasi” che un tempo venivano definite paesino o villaggio.
Questi sono ormai diventate, più che altro, la periferia dei grossi centri.
La gita fuoriporta nei tempi moderni
L’antica prassi tutta italiana della “gita fuori porta” è praticamente divenuta se non impossibile, piuttosto improbabile.
Sembra perciò quasi obbligatorio che la ricerca di evasione dai ritmi stressanti del vivere moderno, porti verso la frequentazione di ambienti che un tempo, venivano considerati difficili ed impegnativi.
Questi terreni erano riservati a chi vi era nato o comunque a chi si spingeva più in là nella loro esplorazione e conoscenza. Erano lidi tutt’al più meta di ferie estive o invernali dove il solo respirarne l’aria permetteva a moltissimi di sentirsene parte.
Impensabile ai più, la frequentazione continua e quindi la loro scoperta e perché no, la loro dissacrazione come invece oggi sta avvenendo.
Dissacrare significa togliere da un piedistallo ciò che temiamo o non conosciamo e quindi ci rende insicuri.
Allo stesso tempo anche le attività che si vanno a svolgervi sono diventate sempre più sportive.
Ricercando in esse il necessario sfogo dallo stress della vita moderna.
Vivere il quadro piuttosto che solo ammirarlo
Non reputo sbagliata la dissacrazione: visitare, conoscere, apprezzare, portandolo più vicino a noi . In questo modo è come vivere il quadro piuttosto che solo ammirarlo. La considero un’evoluzione positiva che sempre più persone siano attratte dalla pratica sportiva e vi si appassionino.
Restano comunque ambienti di difficile interpretazione
Reputo però che malgrado le condizioni di vita siano cambiate e quindi pure le abitudini, la concezione di questi ambienti per quello che sono, ovvero ambienti naturali e quindi di difficile interpretazione, ambienti spesso ostili per quanto riguarda la vita umana, non sia andata di pari passo.
Quel che un tempo veniva definito frequentazione dell’ambiente montano e veniva riconosciuto come un ambito dove si doveva conoscere le “regole di sopravvivenza” ed era “riservato” a chi ne imparava i dettami, si può ben configurare oggi come quello che viene definito con un termine inglese “outdoor”.
Outdoor – alpinismo e escursionismo
“Outdoor” ovvero “fuori porta”, solo che il significato odierno o meglio il significato inglese è ben più ampio di ciò che appunto un tempo veniva definito.
L’alpinismo e l’escursionismo montano che rappresentavano i massimi livelli di attività in ambiente naturale si sono evoluti al punto da coprire qualsiasi zona che riservi un terreno poco o non addomesticato.
Le regole di frequentazione però non sono cambiate!
Ma allora come comportarsi in questo ambito che ha ampliato così drasticamente la sua struttura, tanto da portare le attività montane di un tempo fino a livello del mare?
E’ vero che spesso il panorama può essere diverso, ma le difficoltà di interpretazione sono rimaste le stesse. Anzi, a volte anche maggiori, quindi andrebbe da sé, se ci si concedesse il tempo di valutare.
La smania di evadere, di vivere qualcosa di diverso dalla solita routine quotidiana, di sentirsi parte di un ambiente naturale, purtroppo a volte, la smania di protagonismo, non ci lasciano quei tempi.
Quei tempi necessari a prendere coscienza di ciò che vorremmo portarci a casa come risultato.
La voglia quindi di un ritorno all’origine e ci affidiamo alle tecnologie nel tentativo di dissimulare le nostre incompetenze.
Sicurezza nell’ Outdoor
Ecco allora aprirsi tutta una branca di mercato, nella ricerca dell’apparecchiatura più sofisticata per ovviare a quelle mancanze di esperienza personale.
Le quali richiederebbero “troppo” tempo per essere assorbite come bagaglio personale. Senza dimenticare di non portare con noi troppo peso… guai a fare fatica!
Ma cos’è la sicurezza
E’ forse un congegno elettronico o meccanico che fa le cose al posto tuo e quindi ti preserva dai rischi intrinsechi ed inalienabili che la frequentazione dell’ambiente naturale comporta?
Ma se rifuggiamo tutto ciò, perché lo ricerchiamo durante la nostra “fuga”?
E’ forse affidarsi ad un professionista pretendendo che ti spiani il terreno e ti permetta di sentirti forte e bravo?
Sono una Guida Alpina, vivo l’ambiente da quando a 8 anni mi infilai per la prima volta in una cavità sotterranea con l’animo di un bambino curioso. Quell’animo a 50 anni passati ancora non mi ha abbandonato.
Ma qual è la mia sicurezza?
Dove trovo la certezza o anche solo la cognizione delle mie capacità.
Le quali mi permettono ancora oggi dopo tanti anni, di continuare ad accrescere il bagaglio personale di esperienza e sono la fonte principale di limitazione dei rischi, i quali sono intrinsechi nelle attività outdoor.
Trovo tutto ciò nell’aver percorso una strada, lunga, pregna di insegnamenti che ho voluto ascoltare ed imparare, nei freni alla mia smania di fare e raggiungere la meta senza così strafare ed aspettando il momento giusto per progredire alla fase successiva.
Quale dovrebbe essere il rapporto con i mezzi tecnologici
Certo che li uso! Esistono, quindi sarebbe stupido, superficiale ed arrogante non utilizzarli. Non vedo tuttavia in questi la mia sicurezza, li utilizzo per agevolarmi.
Tutto il resto dev’essere parte della mie cognizioni, la consapevolezza di “essere sul pezzo” e quindi di sentirmi in grado di provarci, non di esserlo in senso assoluto ma di sentirmi pronto a tentare.
Incidenti arrampicata
E’ certo che l’alpinismo (e oggi sempre più spesso le attività outdoor in genere) è un’attività che per evolversi ha bisogno di assunzione dei rischi.
Questa non dev’essere una roulette russa né l’affidamento della propria esistenza al “Gratta e vinci” di turno. Come spesso accade magari domani la ditta produttrice deciderà di togliere dal mercato perché non perfezionato.
Il punto quindi è: non sono i ramponi a permettermi di salire su un pendio di ghiaccio. Sono le capacità ed esperienze acquisite che mi permettono di saperli utilizzare al meglio!
Per dirla con un concetto molto italico: “Non è la scarpa che fa il giocatore!”
La guida alpina consiglia
Ai miei clienti, a chi decide di affidarmi la propria vita per farsi condurre attraverso esperienze in ambiente naturale, ciò lo conosiglio chi mi chiede di partecipare ad un corso sulle varie discipline della mia attività professionale, lo ripeto alla nausea:
“Impara! Godi delle esperienze che farai e procedi per gradi!
Non andare mai oltre quel limite che la tua coscienza ti dice sia esagerato. Ascoltati ed ascolta ciò che ti circonda. Nessuno ti potrà garantire il successo.
La fatalità è sempre presente, ma tu ti garantirai probabilmente il ritorno a casa che di per sé è già un successo!!!”
Affidarsi completamente a tecniche e materiali è pseudo-sicurezza, non eliminano i rischi.
Ci aiutano a limitarli ma siamo sempre noi i protagonisti. Siamo noi gli attori principali che decidono se buttarsi da “conquistadores” nell’ignoto o entrarci con la modestia del visitatore rispettoso.