Cominciamo col sfatare un mito. Tra le patologie prostatiche e il ciclismo non c’è alcuna correlazione.
Andare in bici non significa quindi beccarsi la prostatite, infiammazione della ghiandola prostatica, che ha quasi sempre origine batterica. E nemmeno le due patologie più diffuse a livello prostatico.
Parliamo dell’Iperplasia, cioè l’ingrossamento della prostata per l’aumento del numero di cellule. E del cancro alla prostata, molto diffuso nei paesi industrializzati, tanto da spingere i medici a ipotizzare che sia collegato allo stile di vita.
Cosa dice la scienza
I risultati della famosa ricerca condotta dall’ Università di Medicina di Londra sono ormai di dominio pubblico. Nel 2014 gli scienziati hanno esaminato due gruppi di uomini: uno praticava ciclismo e l’ altro non praticava sport. Al termine della ricerca, durata mesi, hanno scoperto che non esiste relazione scientifica tra l’uso della bici e lo sviluppo di patologie alla prostata.
Dalla ricerca è emerso che tra i praticanti c’era un numero maggiore di problemi prostatici rispetto agli inattivi perché i ciclisti sono più attenti alle loro condizioni di salute. Eseguendo più spesso i controlli medici aumentano le probabilità di scoprire patologie prostatiche. Queste non sono quindi causate dal ciclismo, ma se si è ciclisti cresce la possibilità di scoprirle in tempo. Succede infatti che dopo i 50 anni la bici possa avere effetti negativi sulle funzioni genitali, magari con l’apparizione di sangue nelle urine per eventuali colpi presi sulla sella.
Grazie a questi episodi, risolvibili molto spesso senza cure mediche, è più facile che il ciclista si rechi dal medico, il quale prescrive esami di routine grazie ai quali si scopre alterazioni prostatiche.
Ciclismo e problemi prostatici: consigli pratici da seguire
Il discorso cambia per chi ha già problemi prostatici e vuole cominciare o continuare ad andare in bici. Ecco alcuni consigli su come regolarsi:
- Non abbandonare la pratica poiché non esiste alcun legame scientifico tra ciclismo e problemi prostatici. L’abbandono della pratica sarebbe due volte dannoso. Perché non si risolve il problema e vengono meno gli effetti benefici della pratica sportiva. Invece che abbandonare il ciclismo, leggendo notizie infondate sul web, è meglio rivolgersi ad uno specialista per ricevere consigli adeguati.
- Controllare la minzione perché nel caso si verifichino episodi di sanguinamento nelle urine è bene rivolgersi al medico per gli accertamenti del caso.
- Ricorrere ad una corretta messa in sella per eliminare eventuali tecnopatie dovute alla posizione errata, in modo da ridurre i traumi del pavimento pelvico e degli organi genitali.
- Per chi è affetto da patologie prostatiche è dimostrato che l’uso di una sella capace di ridurre la pressione sul perineo migliora la situazione a livello prostatico.
- Non bisogna esagerare con la bici perché disturbi alla minzione, dolori perineali e bruciori mentre si urina possono essere a uno sforzo eccessivo o all’ aver passato troppe ore in sella. Quindi conviene rivedere il numero e la durata delle uscite, e controllare l’assetto di bici e sella.
Consigli finali
Fermo restando la mancanza di causalità tra ciclismo e problemi alla prostata, come dimostrato dagli studi scientifici effettuati in quest ultimi anni. E’ bene farsi controllare saltuariamente dopo i 40 anni. Invece, dopo i 50 anni, è bene controllarsi periodicamente. E’ infatti questa l’ eta in cui statisticamente le patologie alla prostata cominciano a manifestarsi. Consiglio, questo, che vale per chiunque, non solo per chi va in bici.